Il pentagono no, non l’avevo considerato.

(versione scaricabile qui)

Il 1 Marzo di quest’anno su Repubblica appare un’intervista a Roberta Pinotti, in cui la ministra della Difesa parla della realizzazione, a quanto pare già in fase avanzata, di quello che lei chiama il ‘Pentagono italiano’. Il progetto consiste nella realizzazione di un polo unico che faccia da struttura di accoglienza per il comando unico di tutte le forze armate, secondo la ristrutturazione di queste ultime descritta nel Libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa.

Il luogo prescelto per la realizzazione del Pentagono è l’aeroporto Baracca, all’interno del Parco Archeologico di Centocelle – quartiere nel cui cuore, dunque, viene imposta la struttura organizzativa più importante dell’apparato di guerra italiano.

1 – Il Pentagono Italiano

Gli accordi per la costruzione del Pentagono vengono sanciti in tutta segretezza nel Novembre 2016 durante degli incontri allora segreti tra Comune di Roma, V Municipio e Ministero della Difesa. Nell’intervista a Repubblica la ministra dice che tutto è già in fase progettuale.

Anche al giorno d’oggi, ci sono poche informazioni su ciò che è in pratica previsto dal progetto. Si sa che il Segretariato generale della Difesa ha già iniziato il suo trasferimento a Centocelle (sempre secondo Pinotti, al 1 Marzo si erano già trasferite dal centro storico le 1.500 persone della Direzione generale degli armamenti) e che si prevede sia completato entro fine 2017 (in tutto 3000 tra militari e dipendenti del Ministero). Si sa inoltre che il progetto prevede l’occupazione di ulteriori porzioni di Parco Archeologico – una lungo tutto il perimetro della caserma e profonda 50 metri, per un totale di 5 ettari, che sarà occupata da una zona di visualizzazione di controllo e sicurezza; la seconda dalla costruzione di una strada che taglia il parco (Figg. 1, 2), per agevolare il passaggio dei militari dall’aeroporto alla metro. In cambio di questo “regalo”, il ministero si impegna all’istituzione di un presidio della Guardia Forestale (dal 1 gennaio 2017 accorpata all’Arma dei Carabinieri), a concedere l’utilizzo del Forte Casilino, situato all’interno del sedime militare, per visite guidate, e l’accesso al parco da via Papiria e da via Togliatti. [in seguito alla stesura di questo documento si è scoperto che il progetto prevede concessioni ben più onerose da parte del PAC. Ad esempio, la zona di controllo sarà profonda 100 metri. ndr]

Fig.1 Parco Archeologico di Centocelle

Fig. 2 Parte Nord-Est del Parco di Centocelle. In blu, la strada che dovrebbe unire l’area demaniale con la metro C sulla Casilina.

Se da un lato dunque il progetto comporta una sottrazione di spazio verde alle popolazioni residenti (in una zona in cui di spazi verdi vi è carenza e bisogno), dall’altro la vigilanza militare della parte pubblica del parco viene proposta come compensazione.

2 – Breve presentazione dell’aeroporto di Centocelle e dei suoi occupanti

L’aeroporto Baracca è sede del primo aeroporto italiano, poi trasformato in aeroporto militare. Era di stanza qui Giulio Gavotti, l’aviatore che il 1 Novembre 1911 sganciò le sue bombe su Ain Zara, in Libia, inventando cosí la “guerra nuova”: il bombardamento aereo.

Fig 3 Il primo bombardamento aereo della storia

In seguito, l’aeroporto ha ospitato i centri di comando interforze, che includono cioé le quattro forze armate (Esercito, Marina, Aeronutica, Carabinieri), direttamente subordinati al Capo di Stato Maggiore della Difesa. Più precisamente:

* Il Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS) dirige le operazioni di tutte le forze speciali delle forze armate. Ad esempio, il reparto speciale dell’esercito è rappresentato dal 9° Rgt. d’Assalto paracadutisti “Col Moschin” Gruppo Operativo Incursori del COMSUBIN, che hanno adottato anno di costituzione, nome e mostrine (le amme nere) del 10° reggimento arditi. Per chiarirci, i paracadutisti “Col Moschin” sono gli orgogliosi eredi del reggimento le cui compagnie, in gran maggioranza, decisero dopo l’armistizio di combattere accanto ai tedeschi. Tristemente famosa è la scelta delle compagnie di stanza a Roma, quasi al completo, di mettersi alle dipendenze operative dei tedeschi nella ‘difesa’ di Roma; mentre 700 arditi confluirono nel III Gruppo esplorante e giurarono fedeltà alla repubblica sociale italiana, combattendo soprattutto contro i partigiani. Attualmente il COFS dirige anche il Gruppo Intervento Speciale dei Carabinieri, con operazioni di peace-keeping, antiterrorismo e di addestramento di personale di polizie estere.

* Italian Joint Force Headquarters (ITA-JFHQ). l’ITA-JFHQ risponde alla necessità NATO di disporre di forze di rapido intervento in aree di crisi. È un Comando interforze capace di attivarsi e realizzare operazioni di piccola scala con breve preavviso in tutto il mondo, sia alle dipendenze del capo di stato maggiore, che in coordinamento con altre forze internazionali. L’ITA-JFHQ “È stato impiegato in occasione della crisi in Georgia nel 2008, del sisma che ha colpito l’Abruzzo nel 2009, […] della Libia nel 2011. […] è stato in ne impiegato nelle fasi iniziali della missione “Prima Parthica” in Iraq [operazione di addestramento delle forze armate e di polizia irachene, e in particolare ad Erbil dove addestrano i Peshmerga, n.d.a.] (2014/15).”

* Comando Operativo di Vertice Interforze (COI). Il COI piani ca, coordina e dirige le operazioni militari all’estero e la parte italiana delle esercitazioni interforze e multinazionali. Si occupa inoltre di implementare le dottrine NATO all’interno dell’esercito italiano.

3 – Il Libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa

Il Pentagono fa parte del progetto più ampio di ristrutturazione degli obiettivi e dell’organizzazione delle forze armate, illustrata nel Libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa (2015). Il disegno di legge per l’implementazione del Libro Bianco è stato approvato in Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 2017. Oltre alla ristrutturazione della gerarchia delle forze armate in maniera ancor più accentrata, tra i punti più preoccupanti di questo documento vale la pena citare le missioni (in particolare la terza e la quarta) delle forze armate, che fungono da “elementi di guida per le successive attività di revisione dello Strumento militare e di sviluppo delle attività di pianificazione generale”.

TERZA MISSIONE Contributo alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionali. Consiste nella partecipazione, nell’ambito della gestione delle crisi internazionali, a operazioni di prevenzione e gestione delle crisi al di fuori delle aree di prioritario intervento, al fine di garantire la pace, la sicurezza, la stabilità e la legalità internazionale, nonché l’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo, nello spirito della Carta delle Nazioni Unite.” Questa linea guida è in chiara contraddizione con l’art. 11 della costituzione che recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” “QUARTA MISSIONE Concorsi e compiti specifici. Consiste nel concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni e nello svolgimento di compiti specifici in circostanze di pubblica calamità ed in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza.” In questo modo si estende ulteriormente l’operato dei militari a compiti di polizia. La strategia fatta passare in forma emergenziale nel 2008 con l’ “Operazione Strade Sicure”, diventa norma.

Altro particolare inquietante del Libro Bianco consiste nella nuova strategia per reclutare giovani in cerca di lavoro. Con le parole di Pinotti: “Abbiamo bisogno di soldati giovani ma non vogliamo creare un precariato militare. La chiave sta nell’arruolare persone a 19-20 anni, offrirgli un pacchetto formativo importante per sette anni della loro vita, insegnando lingue e professionalità, dotandoli di brevetti qualificati. Se si ritroveranno sul mercato a 26-27 anni non sarà diffcile trovare un’altra occupazione anche perché ci impegniamo a costruire nuove opportunità di lavoro anche con percorsi legislativi”

(da Repubblica, 1 marzo 2017).

La sicurezza della guerra

A causa della segretezza con cui il progetto è stato portato avanti, molte domande di essenziale rilevanza per la valutazione dell’impatto ambientale e sociale della realizzazione del Pentagono rimangono senza risposta. Quali attività si svolgono e si svolgeranno nella base? Il progetto prevede un ampliamento o una modifica delle strutture di sorveglianza e intervento della base? Ci sarà un aumento degli impianti radio e radar, con relativo aumento delle emissioni elettromagnetiche? Quali altri rischi correrà la popolazione che vive nei pressi della base? Non stupisce il fatto che le informazioni riguardo a queste questioni siano per il momento completamente mancanti.

Probabilmente verrà fatto quanto possibile per tenere il segreto a lungo. Infatti, dopo un breve periodo in cui alcuni giornali locali si sono dedicati all’argomento, la totale mancanza di nuove notizie ha portato alla caduta nel dimenticatoio.

Sarebbe però un errore fatale seguire i media in questa dimenticanza. La strategia di realizzare progetti del genere coprendoli col silenzio è tutt’altro che nuova; così come caratteristica, fin dal dopoguerra, è la pratica di occupazione militare degli spazi civili. Tra i casi più recenti il tentativo di costruire una ulteriore rete di radar costieri militari in Sardegna e la costruzione del MUOS in Sicilia.

Facciamo qualche osservazione a partire dalle lotte che ci hanno preceduto. Per esempio uno degli argomenti più martellanti portati avanti da 50 anni a favore dell’occupazione militare in Sardegna è stato che le basi militari sono fattore di difesa dell’ambiente, visto che lo preservano dall’edilizia sfrenata! Alla luce degli oramai ben noti disastri ambientali che hanno irrimediabilmente compromesso l’ambiente e la salute dei sardi, le pretese di affidamento della tutela dell’ambiente alle forze armate suonano per lo meno inquietanti.

Nel nostro caso il fatto che un parco per essere reso fruibile debba essere militarizzato, controllato da guardie giurate e telecamere, ci porta ad affrontare un’altra questione fondamentale rispetto ai tempi ed ai luoghi nei quali viviamo e che è necessario approfondire: quello del teorema “presenza militare = sicurezza”.

Ci sembra chiaro qui il ridicolo tentativo di raggiro da parte dei militari.

Il controllo del parco non è un “regalo” che fanno alla comunità, ma un loro preciso interesse di difesa dell’area. Il legame tra sicurezza e militarizzazione degli spazi è un assioma dell’ideologia dominante che noi riteniamo assoluta- mente falso. Al contrario, questo progetto diminuisce la sicurezza della comunità di Roma Est. In primo luogo si tratta di un obbiettivo sensibile. E la storia stessa ce lo conferma, poiché l’aeroporto, durante la seconda guerra mondiale, fu più volte bombardato. E se quando l’aeroporto fu costruito, e fino a dopo la seconda guerra mondiale, la zona circostante era praticamente disabitata, oggi, dopo la selvaggia espansione edilizia a Centocelle e Roma Est, la situazione è molto diversa: la struttura militare, infatti, è situata nel mezzo dei quartieri popolari di Roma est. I tre municipi che le fanno da con ne (V, VI, VII) includono quartieri ad alta densità abitativa, che sommati contano una popolazione di oltre ottocentomila abitanti. In secondo luogo riteniamo che la mancanza di sicurezza che si lamenta sia, in ultima analisi, il prodotto delle condizioni di sfruttamento capitaliste, in particolare proprio del ricorso sistematico alla guerra per garantire gli interessi dei potenti. In questo senso i militari non hanno certo un ruolo neutro, nè tanto meno si possono dichiarare difensori della sicurezza. La sicurezza nei quartieri in cui viviamo la possiamo ottenere solo lottando contro l’ingiustizia sociale e costruendo una comunità solidale, che si occupi direttamente dei propri bisogni e problemi.

Da questo punto di vista gli spazi pubblici (strade, piazze, parchi) hanno un’importanza fondamentale perché sono proprio i luoghi in cui si incontra, si confronta e si costituisce una comunità. Gestione privata, militarizzazione e controllo tecnologico di tali spazi vengono imposte proprio affinché ciò non avvenga.

Quindi i militari nei quartieri non fanno niente per migliorare la nostra vita, ma ne minano le fondamenta. Per quanto riguarda i parchi abbandonati e non accessibili di cui Roma est è piena, il meccanismo che abbiamo visto all’opera – ad esempio nella vicenda della costruzione del supermercato Lidl ad Acqua Bullicante – è quello che la bonifica di tali aree verdi pubbliche viene fatta passare attraverso la loro privatizzazione, il che significa sottrazione alla comunità e cementificazione.

L’unico modo di riappropriarsi di questi spazi è quello di agire direttamente, occuparli e liberarli, senza aspettare che il primo progetto speculativo ce li sottragga.

Detto questo, l’aspetto che ci preme di più ribadire è il rifiuto della guerra e di chi sulla guerra lucra. Il periodo in cui viviamo è eguagliato da pochi per le guerre, le tragedie e i massacri di cui siamo testimoni.

Oggi più che mai è impensabile chiudere gli occhi davanti alla funzione assassina degli apparati militari nel mondo. Se c’è una responsabilità diretta dei militari che operano nella base nelle guerre in corso, allora altrettanta responsabilità è condivisa da chi rimane indifferente a questi crimini.

L’esperienza passata di imposizioni e occupazioni di uno stato oppressore alle comunità ci insegna come un’azione comune e dal basso sia l’unica speranza concreta di opposizione. Cacciamo via i militari dal Parco, cacciamoli via dai nostri quartieri.

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA!